Home 2×08 Turning Point- Finale Invernale

di todo90

MESSAGGIO IMPORTANTE: SE VOLETE CHE LA STORIA CONTINUI, COMMENTATE NEL BLOG, SCRIVETE COSA NE PENSATE, I VOSTRI PERSONAGGI PREFERITI, E LE VOSTRE IMPRESSIONI. MI RACCOMANDO, è IMPORTANTE CHE VOI LO FACCIATE, GRAZIE, E BUONA LETTURA:

Vorrei ricordare che HOME non è esattamente un racconto, o un romanzo, è una storia che ha lo stile di una sceneggiatura. Viene lasciato molto all’immaginazione del lettore, ed i passi sono più brevi. E tutto ciò è fatto APPOSITAMENTE.

Per godere appieno l’episodio vi consiglio di aprire i link delle canzoni ogni volta che ne trovate una.   Sono evidenziati.

Washington D.C, Stati Uniti, 2008

Il potere è un qualcosa di strano. Quando non ce l’hai, brami di averlo. Possiamo fingere, possiamo dire che non ci importi, ma alla fine, alcune volte, è tutto ciò che conta nella vita di determinate persone. Barack non è così, lui è diverso, lo è sempre stato. Solcare per la prima volta quella soglia, sentirla sua, sentire di appartenere, e di poter fare del bene. È tutto ciò per cui ha lottato, è tutto ciò che ha sempre voluto. Esistono uomini che si fingono buoni, quando in realtà il male si è già innestato nelle loro anime da tempo. Barack, probabilmente, è un’eccezione. Lui non è così, non lo è mai stato.

Barack entra lentamente, assicurandosi di sentire tutto, di percepire ogni piccola sensazione. Quella stanza, quella finestra, conosce a memoria quel posto, ma non l’ha mai sentito suo fino ad oggi. Le luci della sera permettono di vedere la stanza illuminata nel suo completo. È bella, è spaziosa, confortevole, trasuda potere. La stanza ovale.

“Signor Presidente?”

Barack si gira, si stacca dalla bolla di felicità nel quale era immerso, senza allontanarsene troppo, tuttavia.

Un uomo sulla quarantina è davanti all’entrata della stanza ovale, sorridente, fiero.

Barack: Johnson. Mia moglie?

Johnson: la first lady è nelle cucine. La sta aspettando. Lei, si è sistemato?

Barack: sì, Johnson, credo di essermi sistemato.

Johnson guarda il presidente, un sorriso sul volto

Johnson: è davvero il suo posto qui. È perfetto per lei.

Barack guarda la scrivania, e poi, girandosi, guarda l’uomo, annuendo

Barack: Johnson, lei mi conosce, sono cinque anni ormai che è nel mio staff. Questo è tutto ciò per cui abbiamo lavorato.

Johnson: beh, lei sicuramente ha fatto il lavoro. Noi l’abbiamo semplicemente sostenuta.

Barack: e questa è la fortuna più grande per un leader, i suoi sostenitori. Fedeli accompagnatori in questo cammino!

Johnson annuisce, apprezzando le parole del presidente.

Johnson: ce l’ha fatta, signore!

Barack: ce l’abbiamo fatta, Johnson!

I due si sorridono, di nuovo.

Barack: beh, sarà meglio che raggiunga Michelle. È impaziente quando si tratta di cibo.

Johnson: avevo consigliato alla first lady di controllare le cucine domani.

Barack: sai com’è Michelle, deve avere la casa sotto controllo!

Il presidente avanza lentamente verso l’uscita, contento di raggiungere la moglie.

Barack: chiude lei, qui?

Johnson guarda il presidente, annuendo.

Barack passa accanto all’uomo, che è pronto a chiudere le porte della stanza ovale. Non appena il presidente è un passo avanti a lui, Johnson fa ciò che deve fare. Una siringa metallica, con un liquido nero al suo interno, Johnson velocemente la inietta sul collo del presidente. Il tutto succede molto in fretta, Barack non ha neanche il tempo di accorgersene. Gli occhi del presidente, stupiti da tale atto, pian piano diventano neri, completamente neri. Johnson, dopo qualche secondo, toglie velocemente la siringa e si pone davanti al presidente.

Barack: cosa devo fare?

Barack guarda l’uomo, gli occhi sono ancora neri, lo sguardo assente.

Johnson: non ancora. Non è il momento. Ma arriverà.

Barack lo guarda, uno sguardo ancora assente, ma adesso confuso.

Johnson: ora si svegli, e vada da sua moglie.

Pian piano, quel liquido nero negli occhi del presidente va a diminuire. Rivediamo la pupilla, rivediamo l’occhio umano.

Barack guarda Johnson, per lui, non è successo niente.

Barack: beh, buonanotte Johnson.

Johnson gli sorride, contento della riuscita del suo piano.

Johnson: buonanotte Signor Presidente!

Barack lo guarda un’ultima volta, e poi si allontana, pronto ad andare da sua moglie, totalmente ignaro di ciò che gli è stato fatto.

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Hope High School, 2012

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Brian è appena stato trascinato via da Linda da un uomo misterioso, gli ha chiesto chi sia, incredulo. Le scarpe sporche del sangue del suo migliore amico, che è a terra, morente.

Brian: chi sei tu?

L’uomo lascia andare il figlio, i due si guardano, Brian è confuso, agitato, è fuori di se. Non sa cosa stia succedendo.

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Brian: perché non rispondi?

Nick: perché la mia risposta, porterebbe ad altre domande, e ora non abbiamo tempo. Dobbiamo salvare Steve.

Brian lo guarda, sconvolto, il potere di cui ha usufruito scorre ancora nelle sue vene, una scossa incredibile di adrenalina.

Brian: come sai il suo nome?

Linda ridacchia, divertita, ancora a terra.

I due la guardando.

Linda: oh, che scena commovente.

Nick va verso la ragazza, senza esitare.

Linda: è inutile. Potete fare quello che volete, potete avere qualsiasi piano. Avete perso, avete già perso, siamo ovunque. Noi siamo ovunque.

L’uomo si china verso la ragazza, e la guarda negli occhi, completamente oscurati ormai.

Nick: vedremo!

Nick, senza esitare, spezza il collo di Linda, il corpo si accascia a terra, senza vita. Brian indietreggia, sconvolto.

Brian: cazzo..

Nick si alza, lentamente. Non è mai facile togliere una vita, non è stato mai facile.

Brian guarda il corpo senza vita di Linda, quegli occhi neri ci sono ancora, la sua vera natura, ma un qualcos’altro fa da contorno a quello sguardo ora, è la morte.

Brian: mi hai detto di non farlo..

Brian urla, tremolante

Nick: ho detto che tu non sei così. Non parlavo di me.

Brian: potevamo liberarla. C’era un modo!

Nick: no. Non per lei. Non era infetta, lei era uno di loro.

Brian: chi diavolo sei tu?

Ancora sconvolto, Brian dice queste parole con voce spezzata

Nick: sono tuo padre, Brian!

Brian sgrana gli occhi, impietrito dalla notizia.

Brian: cosa?

Nick: ora devi fidarti di me. Cercherò di rimarginare in parte la ferita di Steve. Ma non è la mia specialità. In seguito lo porterò in ospedale.

Brian: no, tu non lo tocchi!

Brian crede di sognare. Non può essere vero tutto questo, non può succedere tutto insieme.

Nick: Brian, guardami. Devi fidarti di me. So che puoi.

Brian guarda il padre, gli occhi ancora gonfi, le mani tremolanti, gli occhi di Nick sono azzurri come quelli di Lucas, suo fratello. Riconosce quello sguardo, stranamente. Brian non è certo di niente in questo momento, se non del fatto che quello lì davanti è suo padre, lo percepisce, lo sa e basta. È un qualcosa che va oltre la comprensione umana.

Brian: cosa gli farai?

Nick guarda Brian, poi, velocemente, procede verso Steve. La ferita è sulla schiena, e continua a sanguinare.

Brian: ha perso sangue, ha bisogno di una trasfusione.

Nick: non solo in quel senso, ha bisogno di sangue. Sangue puro. Posso rimarginare la ferita, ma per mandare via l’infezione abbiamo bisogno di sangue di un puro.

Nick pone le mani sulla ferita, è chiaro il suo sforzo, come è chiaro che non sia esattamente un qualcosa di semplice.

Brian: puoi curarlo?

Nick: posso rimarginare in parte la ferita, te l’ho detto. Ma ha bisogno di sangue umano, ne ha perso tanto, e di sangue alieno puro, per curare l’infezione.

Brian nota la ferita sulla schiena di Steve, lentamente si sta rimarginando. Nick sta facendo un grande sforzo, è chiaro. È come una lunga corsa, il cuore batte a mille, tutti i muscoli fanno male. Curare un qualcosa, compromette qualcos’altro. È l’equilibrio.

Brian: ho tante domande..

Nick guarda il figlio, mentre continua a fare il suo lavoro.

Nick: e avrai tutte le risposte, ora fammi occupare di Steve.

Brian lo guarda, ancora incredulo. Ma c’è una cosa che sa, e la sa e basta, senza un preciso motivo: sa di potersi fidare.

Brian: che cosa dico agli altri?

Nick ha appena finito con Steve. Guarda il figlio, ha il fiatone, è da tanto che non lo faceva.

Lorz e Lucy sono ancora rinchiusi nell’aula di falegnameria, Lorz tocca gli attrezzi, curioso, mentre Lucy fa avanti e indietro per la stanza, ansiosa, impaurita. Vuole semplicemente uscire da lì, al più presto.

Lorz

Lorz: non dovresti preoccuparti così tanto, sai che ti tirerò fuori da qui. Potrei farlo anche ora.

Lucy lo guarda, ancora infastidita dalle parole che l’uomo le ha detto poco fa

Lucy: no, non ucciderai quell’agente di polizia.

Lorz: ma lei potrebbe uccidere noi. Un colpo e..

Lucy lo guarda, scuotendo il capo

Lucy: non dovresti essere l’essere più temuto dell’universo o qualcosa del genere?

Lorz ridacchia, divertito

Lorz: qualcuno dice che lo sono. Ma è solo una maldicenza!

Lucy alza gli occhi, nervosa. Lorz la guarda, quello sguardo gli ricorda qualcuno, è così evidente per lui. L’uomo si avvicina, Lucy lo guarda, curiosa di capire che cosa farà adesso.

Lorz: pensi davvero questo di me?

Lucy: cosa?

Lorz: che sono la creatura più malvagia dell’universo?

Lucy: questo è ciò che mi hanno detto.

Lorz: e tu ci credi?

Lucy: hai ucciso un uomo. E ho visto cos’hai fatto a quel ragazzo in classe. E mi è stato detto ciò che hai fatto sul tuo pianeta. Quindi, perdonami se ho qualche difficoltà a credere che tu non lo sia.

Lorz si prende qualche secondo, guarda la ragazza, tentando di percepire cosa pensa. Non sempre ci riesce tuttavia.

Lorz: quell’uomo se l’è cercata. Sapevi che importunava quella ragazza, Mandy?

Lucy lo guarda, sorpresa

Lucy: cosa?

Lorz: sì, l’ho letto in lui, l’ho letto in lei. Lei lo voleva morto.

Lucy: non sta a te decidere chi deve morire!

Lorz: volevo aiutarla.

Lucy lo guarda, confusa. Negli occhi dell’uomo c’è la verità, lei riesce a percepirlo. Ma non riesce a fidarsi di lui, non ci riesce.

Lorz: quel ragazzo in aula mi aveva mancato di rispetto. Non l’ho ucciso.

Lucy scuote il capo, incredula

Lucy: beh, hai strani metodi per punire chi ti manca di rispetto.

Lorz: ogni cosa che ho fatto, l’ho fatta perché ci credevo. La questione della purezza, non puoi comprenderla, non sei una di noi. Non sono un santo, Lucy. Non ho mai preteso di esserlo. Ma sono sincero, e credo nei miei valori e in ciò che mi è stato insegnato.

Lucy lo guarda, stranamente trova se stessa a voler veramente capire cosa gli passi per la testa.

Lucy: non sono una di voi. Cosa sono allora? So che tu lo sai.

Lorz la guarda, la sua sete di sapere equivale alla sua del passato

Lucy: che cosa sono?

La porta si apre, improvvisamente. Una forza potente è riuscita ad aprirla. Lucas Senior, Lucas e John sono arrivati.

Lorz e Lucy li guardano.

Roswell High School, 1960

 Colonna Sonora: An Apparition in the Field

Gli anni ’60, Lorz è meravigliato da quanto in un decennio sia cambiato così tanto. Il modo di vestirsi, di parlare, perfino di comportarsi. Pensa che su questo pianeta il tempo scorra troppo in fretta. Non solo letteralmente. Tutto sembra cambiato dall’ultima volta che è stato sulla terra. Eccola, lei è lì. Lui la riconosce, sa che è lei. Katherine. I capelli si sono schiariti. Ma le lentiggini, il sorriso, gli occhi chiari, lo sguardo. È lei. Vicina al suo armadietto, ha appena salutato le sue amiche. Katherine è sempre stata piena di amici, si circonda di persone. Lorz ha sempre pensato che abbia uno strano potere di attirarle. Lei piace a tutti.

Lorz si avvicina, lentamente, con uno zaino in spalla, i capelli pieni di gelatina, e quell’aria misteriosa che tanto lo contraddistingue.

Lorz: Katherine?

Lorz pronuncia il suo nome timidamente.

La ragazza si gira, sorpresa. Ha un bellissimo ragazzo davanti a lei. Lorz è così. Bello da togliere il fiato.

Katherine: ti conosco?

Lorz è nervoso, agitato, le mani gli tremano. È una sensazione che non prova mai, solitamente.

Lorz: sono Lorz. Noi.. Noi eravamo..

Katherine sgrana gli occhi, incredula. Come se avesse visto un fantasma.

Katherine: oh mio Dio, Lorz. Quel Lorz.

Lorz: ti ricordi di me?

Katherine sorride, sconvolta nel vederlo

Katherine: è difficile dimenticare qualcuno con un nome così. Pensavo che tu fossi..

Lorz: cosa?

I due si guardano, entrambi rapiti l’uno dall’altra

Katherine: scomparso. Fu quella notte. Quella notte in cui quei bambini..

Lorz abbassa lo sguardo. Ricorda il sangue, ricorda le urla.

Katherine: tutti pensavano che chi commise quegli atroci delitti ti prese. Lorz, sono stata così in pensiero per te. Nessuno ha mai capito cosa successe.

Lorz la guarda, di nuovo

Lorz: no. Andò in modo diverso. Ma.. sto bene. Sto bene adesso.

Katherine: cosa ti è successo. Cosa ci fai qui?

Lorz la guarda, sorridendole

Lorz: sono stato adottato. Ora mi sono trasferito qui, e frequenterò questo posto.

Katherine lo guarda, perplessa

Katherine: davvero? Che coincidenza!

Lorz: già.

Katherine: come hai fatto a riconoscermi?

Lorz: le lentigini.

Katherine sorride, colpita.

Katherine: ascolta, ora ho lezione, ma dopo se ti va possiamo vederci nella caffetteria. Puoi raccontarmi tutto. Dobbiamo rimediare al tempo perduto.

Lorz la guarda. Non sa bene cosa sia una caffetteria, ma annuisce.

Katherine: sono davvero contenta che tu stia bene. È meraviglioso!

Lorz: sì, sono contento anche io.

I due si guardano, di nuovo. Speranzosi di conoscersi, speranzosi di scoprirsi.

Hope High School, 2012

Lucas Senior, Lucas e John sono appena entrati nell’aula di falegnameria.

Lucas: cosa stavi facendo?

Lorz lo guarda

Lorz: prego?

Lucas: l’hai presa? L’hai rapita?

Lucy guarda Lucas, facendo cenno di no con il capo

Lucy: no, Lucas..

Lucas: io ti uccido!

Lucas si fa avanti, pronto ad andare verso Lorz, arrabbiato con lui. In realtà non è solo rabbia nei suoi confronti, ma deve sfogarsi.

Non appena arriva accanto a lui, Lorz, senza esitare, lo prende, per il collo. Lo alza da terra con incredibile facilità.

John: hey..

Lucas Senior guarda la scena, pronto a fare qualcosa se le cose si spingessero oltre.

Lucy: lascialo andare!

Lucy urla, furiosa

Lorz guarda Lucas negli occhi

Lorz: ti ho lasciato darmi un pugno. Ti ho lasciati avvicinarti e rispondermi male.

Lucas guarda Lorz, non gli darà soddisfazione.

Lorz: ma.. Ragazzino, devi portarmi rispetto. Non tollero la mancanza di rispetto!

Lucy si avvicina a Lorz, colpendolo, più volte.

Lucy: lascialo andare, ho detto di lasciarlo andare!

Lorz, dopo qualche secondo, molla la presa. Lucas finalmente, torna a respirare.

Lorz: rispetto.

Lucy si avvicina a Lucas, preoccupata. Lo tocca, gli tocca la schiena, accarezzandola, cercando di farlo sentire meglio.

Lucy: hey, stai bene?

Lucas la guarda, annuendo.

Lucy guarda Lorz, disgustata dal suo comportamento. Lucas continua a guardarlo in malo modo, nonostante tutto.

Lorz: mi piaci Lucas. Hai le palle. Usale con le persone giuste, però!

John nota il modo in cui Lucy si prende cura di Lucas, preoccupato.

John: perché non hai fatto niente?

John si rivolge a Lucas Senior.

Lucas Senior: sapevo che non gli avrebbe fatto del male.

John: all’improvviso Lorz è diventato un boy scout?

Lorz: riesco a sentirti John!

Lucas si è ripreso del tutto. Guarda Lucy, arrabbiato.

Lucas: cosa ci fai qui?

Lucy: io..

Lucas: ti avevo detto di non venire.

Lucy: non potevo lasciarvi qui.

Lucas: sei stupida?

Lucas le urla contro, furioso. Lucy lo guarda, ferita dalle sue parole.

Lucas: potevi farti male. Puoi ancora farti male.

Lorz: oh, siete così teneri! Ho sempre amato i litigi tra amanti!

Lucy e Lucas guardano gli altri, imbarazzati. Spesso, quando parlano, si dimenticano di non essere soli.

John: saresti dovuta restare a casa!

Lucy: posso prendere le mie decisioni per una volta, o volete controllare la mia vita per sempre?

Lorz: è giusto! Ma concordo, non dovevi venire.

Lucy guarda Lorz, infastidita

Lucas Senior: dobbiamo trovare Brian, e andarcene da qui. È pieno di poliziotti qui fuori.

Lucas: già, dobbiamo trovare Brian.

Lucy: dov’è Brian?

Lucas: è scomparso.

Lucy lo guarda, preoccupata

Lucy: cosa?

Lucas: ci ha mentito.

Lorz: c’è una triangolare qui. Una ragazza.

Lucy: è Linda!

Lucas guarda Lucy, sorpreso

Lucas: Linda?

Lucy annuisce.

Lucy: mi ha attaccata.

Lucas la guarda, dispiaciuto per come le ha urlato contro.

Lucas: stai bene?

Lucy annuisce, ancora un po’ arrabbiata con lui.

Lucas Senior è colpito dal loro atteggiamento. Sa che a John non va bene questa situazione, e sicuramente potrà sfruttarla a suo vantaggio in qualche modo.

Il cellulare di Lucas squilla. Il ragazzo, velocemente, lo tira fuori dalla tasca.

Lucas: è Brian!

Lucy: rispondi!

Lucas risponde

Lucas: Brian, dove sei?

Tutti lo guardano, ansiosi di sapere dove sia Brian, e cosa stia succedendo.

Lucas: cosa?

John: che succede?

Lucas, dopo qualche secondo attacca il cellulare.

Lucas: è all’ospedale.

Lucy: cosa?

John: cosa gli è successo?

Lucas: Steve, Steve è stato colpito da Linda. Brian l’ha portato di corsa all’ospedale.

Lorz: come ci è riuscito?

Lucas: non lo so. Io non lo so.

John: l’edificio è circondato dalla polizia. Come ha fatto ad andare in ospedale?

Lucy: forse è una trappola?

Lucas: no, sentivo i rumori in sottofondo, era in ospedale.

Tutti si guardano, confusi. La situazione suona strana, è assurdo.

Lucy: ci dev’essere una via d’uscita secondaria.

Lucas: la palestra, negli spogliatoi maschili, c’è una porta che va direttamente sotto le panchine del campo da football, probabilmente Brian è passato da lì.

Lorz: io distrarrò la poliziotta.

Lucy guarda Lorz, preoccupata

Lorz: tranquilla, non la ucciderò.

Lucas: ok, facciamo così allora!

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L’agente Starling è nel corridoio principale della Hope High School, si muove lentamente, cautamente, cerca di scrutare ogni singolo rumore. Qualcosa sta succedendo in quella scuola, e il suo istinto le dice che è qualcosa più grande di lei. Lo sa, ma non si tirerà indietro solo per questo.

“Agente?”

Starling si gira, e si rigira, cercando di capire da dove viene quella macabra voce.

Starling: dove sei? Fatti vedere!

“Proprio qui.”

Starling si gira verso ovest, notando Lorz.

Starling: alza le mani!

Lorz ridacchia

Lorz: come vuole lei.

Lorz alza le mani

Starling prende la sua radio.

Starling: è dentro. Venite qui.

Starling: chi è con te? Cosa stai facendo qui?

Lorz: voglio un avvocato!

Starling: dov’è la ragazza che era con te? E l’altra, che era svenuta. Dov’è?

Lorz: le consiglio di stare lontano da lei. È una gattina pericolosa!

Starling si avvicina, guardando l’uomo in volto.

Lorz: ha una faccia familiare, lo sa?

Finalmente, gli altri agenti raggiungono la Starling, puntano le pistole verso Lorz.

Lorz: oh, è arrivata la cavalleria!

Sterling: si metta giù. Con le mani sempre in alto.

Lorz: non mi serviranno le mani.

Improvvisamente, i presenti iniziano ad avvertire un forte senso di vuoto, di spaesamento, inclusa l’ agente Starling. Confusione, vertigini, senso di nausea. I presenti iniziano a cadere a terra, uno dopo l’altro.

Lorz: mi dispiace, agente, non posso davvero trattenermi.

Starling guarda Lorz, colpita da questo forte senso di malessere.

Lorz: è stato un piacere.

Con un’incredibile nonchalance, Lorz si fa avanti verso gli agenti, passando tra di loro, camminandoci anche sopra, e uscendo dal liceo, per la porta principale.

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Tim odia volare. Lo agita, gli fa sudare le mani, gli accelera il cuore, già di per se con un battito superiore alla norma. Nervoso, gioca con una penna, sbattendola di continuo sul tavolino attaccato alla poltrona davanti. Guarda fuori dal finestrino, la notte, il buio. Il suo posto è vicino all’ala, a metà dell’aeromobile. Tralasciando l’agitazione per il volo, e le continue turbolenze, Tim deve affrontare forse il viaggio più difficile della sua vita.

“Volo Oceanic 162. Informiamo i gentili passeggeri di allacciare le cinture, stiamo andando incontro ad una leggera turbolenza. Tra circa un’ora atterremo ad LAX, la Oceanic vi ringrazia per aver scelto la nostra compagnia.”

“Nervoso?”

Tim si gira, alla sua destra una ragazza molto carina, bionda.

Tim: si nota così tanto?

La ragazza gli sorride

Ragazza: tanti hanno paura di volare. Sono Thea.

Tim: sono Tim!

Thea: piacere di conoscerti, Tim!

Una turbolenza, l’aereo inizia a ballare.

Tim afferra la penna, di nuovo.

Thea sorride, mentre chiude il libro che stava leggende “Bad Twin.”

Thea: devi stare tranquillo, non è niente.

Tim: dici?

Thea: sì, un aereo è come una barca sul mare.

Tim: le barche non sono inaffondabili!

Thea lo guarda, continuando a sorridere. Lei è abituata a volare.

Thea: che ne dici se provo a distrarti un po’?

Tim la guarda, confuso.

L’aereo, dopo qualche secondo, inizia a muoversi sempre più forte.

Tim: cazzo..

Continua, e continua ancora a trabballare, la gente inizia a spaventarsi. Dopo poco, tuttavia, sembra calmarsi. Da onde tremende, a mare piatto.

Tim tira un sospiro di sollievo.

Thea: hai visto Tim, niente di cui aver..

Thea non fa in tempo a finire di pronunciare queste parole. L’aereo inizia a muoversi in modo strano, diverso dal solito. Non è una turbolenza, non è un vuoto d’aria. Sembra che venga succhiato da qualcosa, dall’alto.

La gente inizia ad urlare, spaventata. Il sorriso sul viso di Thea si trasforma improvvisamente in agitazione, in paura.

L’aereo viene trascinato su, sempre più su. La gente inizia a perdere i sensi per la troppa pressione. Tim è l’unico che riesce a rimanere sveglio, lucido. Guarda Thea, il sangue che scorre dal suo naso, perde i sensi.

Dopo qualche secondo, l’aereo si ferma. La penna che Tim aveva in mano svolazza tranquillamente davanti a lui, è la gravità. L’uomo guarda la scena, sconvolto, impaurito, sembra di essere in un sogno.

L’aereo sembra essere fermo. Una luce abbagliante illumina il veicolo ormai privo di luce. Gli altri passeggeri probabilmente sono morti. Tutti hanno del sangue sui loro nasi. Tim non riesce a capire come sia sopravvissuto a tutto questo.

Il portello dell’aereo si apre improvvisamente. Tutto dovrebbe iniziare a precipitare, ma non succede.

Tim si sente preso da qualcosa, da qualcuno, o forse da una forza invisibile, non riesce bene a spiegarselo, ma sembra che ci siano letteralmente delle persone a spingerlo. Il suo corpo inizia a fluttuare, la cintura si slaccia, non riesce a controllare i suoi movimenti, Tim viene lentamente spinto da una forza fuori da quell’aereo, guarda gli altri, i cadaveri degli altri, non sa nemmeno a che altezza si trovi, la situazione è terrificante. Non riesce neanche ad urlare, ad emettere un suono, a chiedere aiuto, chi risponderebbe?

Tim arriva al portello aperto. Una luce bianca, accecante. Viene trasportato verso di essa, come un magnete che attira un altro magnete. Tim si copre gli occhi, verrebbe sicuramente accecato dal troppo bagliore.

Hope Memorial Hospital.

Brian è nella sala accettazione, preoccupato, sconvolto dagli avvenimenti della serata, fa avanti e indietro, provando a ragionare, provando a comporre i pezzi, ma sembra la cosa più difficile del mondo al momento.

Lucas, John e Lucy entrano dalla porta principale, notandolo subito.

Lucas corre verso di lui.

Lucas: che diavolo è successo?

Brian guarda gli altri presenti

Brian: vuoi stare zitto? Non attiriamo attenzione.

John si avvicina ai due, subito dopo di lui, anche Lucy

John: Brian, dov’è Steve?

Brian: Steve è in camera. Non è grave.

Lucas: hai detto che Linda l’ha colpito.

Brian: non era una ferita grave, ha perso un po’ di sangue tutto qui, sua madre è con lui.

Lucas lo guarda, non totalmente convinto del comportamento del fratello.

Brian sa che deve mentire, e che deve farlo nel migliore dei modi. L’importante è che Steve stia bene.

John: che avete raccontato alla polizia?

Brian: un’agente mi ha fatto delle domande. Ho detto che siamo stati attaccati per strada, da un tizio con un passamontagna. Non sapevo cosa inventare. Quando Steve si sveglierà, non so in che condizioni sarà, e quanto sarà influenzato ancora da quella cosa.

John: devo andare da James, per assicurarmi che riesca a coprire la cosa.

Brian: dove sono Lorz e ..

Brian fa ancora fatica a dirlo

Brian: nonno?

John: sono di fuori, stanno aspettando.

Brian: Steve può essere curato, da quella cosa. Gli hanno dato sangue umano per compensare alla perdita, ma ha bisogno..

John: del sangue di un puro. Lorz ha aiutato James, può aiutare anche Steve.

Brian: sì, per favore.

John: ci parlerò io!

Lucy si avvicina a Brian, prendendogli la mano

Lucy: tu come stai?

Brian la guarda, sorridendole

Brian: io sto bene.

Lucas: dov’è Linda?

Brian guarda il fratello, pronto a mentire, di nuovo

Brian: non ne ho idea, è scappata.

John: ragazzi, forse dovreste andare a casa, è tardi.

Brian: io voglio restare con Steve, devo.

Lucy: rimarrò anche io!

Brian: è tardi, e Steve è fuori pericolo. Davvero, andate.

Lucas: e se Linda si presenterà qui?

Brian: è un luogo pubblico, è pieno di agenti. Avrei tutto il tempo di chiamare.

Lucy: Brian..

Brian: per favore, Lucy. Sarò più tranquillo se sarai a casa con Lucas. Puoi portarla?

Brian guarda il fratello

Lucas: potremmo restare tutti qui..

Brian: non ce n’è bisogno. Davvero.

Lucas guarda il fratello, ancora non convinto

Lucas: ok, la porterò a casa!

Lucas si avvicina al fratello, guardandolo, serio.

Lucas: non mentirmi mai più. Ero preoccupato per te.

Brian annuisce, prima se ne andranno, prima potrà scoprirne di più.

Siamo nel cuore della notte. Julie cammina verso il vialetto della sua casetta con delle buste in mano, molto modesta, molto piccola, ma è pur sempre sua. È riuscita ad affittarla finalmente, le cose vanno bene, il lavoro va bene, per la prima volta nella sua vita tutto sembra avere un senso. È fiera di possedere qualcosa, è fiera di poter dire di appartenere da qualche parte. Hope, California, questa è casa sua ora.

Julie sente dei rumori, dapprima lontani, poi sempre più vicina. Si gira, guardandosi attorno.

Julie: c’è qualcuno?

Julie continua a scrutare l’isolato, dormiente, cupo. Tutte delle case accanto sono spente. La donna si gira, pronta ad entrare velocemente in casa. Non è una di quella che andrà a controllare cos’era quel rumore tra i cespugli. Corre verso la porta, cercando frettolosamente le chiavi tra la borsa. Le buste che aveva in mano, cadono a terra. La donna si abbassa, velocemente, pronta a raccoglierle.

“Julie.”

Una voce maschile, una voce che riconosce. La donna alza lo sguardo, impietrita. Logan è proprio davanti a lei. I vestiti sudici, la barba incolta, uno sguardo perso, impaurito. La donna pensava che non l’avrebbe mai più rivisto. È contenta di essersi sbagliata.

Hope Memorial Hospital

Lucas Senior è appena uscito dalla stanza di Steve, raggiunge Lorz, John e Brian al di fuori.

Brian: fatto?

Lucas Senior si copre il braccio frettolosamente, ha appena donato il suo sangue a Steve.

Lorz: dovrebbe stare bene tra qualche minuto.

Brian: allontanatevi, la mamma di Steve sta per tornare, è andata a parlare con i medici.

Brian guarda i tre, nervoso.

John: devo andare da James, abbiamo bisogno di una copertura.

John guarda Lucas Senior e Lorz, curioso riguardo i piani dei due

John: voi due?

Lorz: io sono in balia degli eventi. Dopo una serata così, comunque, ci vorrebbe un po’ di sesso. Calma i nervi, la tensione. Quell’agente era attraente, ma credo che abbiamo iniziato con il piede sbagliato.

Lucas Senior: io e Lorz abbiamo da fare. Ma ci ricongiungeremo domani, per parlare del da farsi.

John: il da farsi?

Lucas Senior: non ti devo spiegazioni John, in effetti, non ti devo niente.

Lorz: o vorrà solo minacciarmi, torturarmi, un po’ di brother bonding insomma!

Brian guarda i tre, di nuovo nervoso.

John: Brian, ci sentiamo più tardi allora, ok? Occhi aperti.

Brian annuisce.

John si allontana, pronto ad andare da James.

Lucas Senior si rivolge al nipote

Lucas Senior: sicuro che starai bene?

Brian annuisce, non guardandolo esattamente negli occhi. Ha una sorta di timore reverenziale nei suoi confronti, fa questo effetto.

Lorz: beh, fratellino, è ora di andare!

Lucas Senior e Lorz si incamminano verso l’uscita dell’ospedale. Lucas Senior, voltandosi dopo essersi assicurato che Brian rimanesse lì, si scontra contro qualcuno. Avverte un flash, una strana sensazione, riesce a rivedere Susanne nella sua mente. Non è un ricordo, non è un’immagine creata da un ricordo, lui la vede, per un secondo.

Ritorna in se, dopo poco, guarda la persona in cui si è imbattuto, è Rose. Ha una fascia sulla mano.

Rose: oh mio Dio, mi scusi, io ero distratta.

Lucas Senior la guarda, sconvolto

Lucas: io ti conosco.

Rose lo guarda, confusa

Rose: lei è l’uomo che venne a trova mia nonna. Il volontario.

Lucas: Susanne.

Rose annuisce

Rose: sì, mi ricordo di lei.

Lorz guarda la scena, curioso.

Lucas: cosa le è successo al braccio?

Rose: niente, sono caduta. Starò bene.

Lucas: sicura?

Rose guarda l’uomo, incuriosita. Lo trova molto bello, incredibilmente affascinante. Le sembra di conoscerlo quasi, è una sensazione difficile da spiegare.

Rose: sicura.

Lucas la guarda, preoccupato

Lorz tossisce, invitando il fratello a darsi una mossa.

Lucas guarda il fratello.

Lucas Senior: io devo andare.

Rose: ok, arrivederci allora, e scusi per l’intruppata.

Lorz sorride, trova il tutto molto divertente e curioso. In generale, è una persona molta curiosa. Sa che l’incontro ha avuto un certo effetto sul fratello.

Colonna Sonora: Spaceship

Tim apre gli occhi, lentamente, è sdraiato su un qualcosa di strano, un materiale che non aveva mai percepito prima. Un materiale graffiante, ma piacevole al tatto. Il tetto è nero. Se di tetto si tratta, non riesce a capire. La testa gli scoppia, gli occhi sono rossi, gonfi, ricorda ancora quella luce accecante, fastidiosa.

“Finalmente.”

Tim si alza, di scatto. Si guarda attorno. Non sa esattamente dove si trovi. È una sala enorme. Il pavimento sembra fatto di marmo. Ma non è marmo. È nero. Tutto sembra essere nero, ci sono sprazzi di grigio, è un paesaggio difficile da descrivere, perché è qualcosa che Tim non riconosce come umano. Davanti a lui un grosso finestrone chiuso.

Una donna si fa avanti verso il centro di quell’enorme sala. Una donna semi-nuda, un simbolo a forma di triangolo alla base della schiena.

Tim la guarda, confuso.

Tim: tu chi sei?

Tim riesce a malapena a parlare, sente la gola secca.

“Mi chiamo Malesia.”

Tim la guarda, ancora incredulo

Tim: dove sono? Cosa è successo?

Tim urla, incattivito. Tuttavia la voce è poca, ancora.

Malesia: sei qui perché io ti voglio qui.

La donna sembra fiera, è sicuramente una figura importante, Tim riesce a percepirla. Ha un’aurea di potere indescrivibile.

Tim: che cosa avete fatto a quell’aereo?

Malesia: l’abbiamo lasciato andare.

Tim: dove mi trovo?

Malesia: sei su un’astronave. O almeno qui le chiamate così. So adattarmi al linguaggio del posto, anche se lo trovo un tantino volgare sotto molti lati.

Tim si guarda di nuovo attorno, niente ha senso ormai. Potrebbe essere morto per quanto lo riguarda.

Tim: cosa volete farmi?

Malesia: sai benissimo cosa sei, vero?

Tim la guarda, annuendo

Tim: so che cosa sono.

Malesia: immaginavo. E sai chi è tuo padre, vero?

Tim la guarda, facendo cenno di no con il capo

Tim: io non ho idea di chi sia mio padre.

Malesia si avvicina ancora di più, sbuffando

Malesia: non ho molto tempo da sprecare, Tim. Cosa ci facevi su quell’aereo?

Tim la guarda, non rispondendo.

Tim: dove mi state portando?

Malesia: non è importante in questo momento.

Tim: che cosa volete da me?

A Tim inizia a mancare l’aria, improvvisamente, ha bisogno del suo stick.

Malesia: la tua tasca.

Tim, velocemente, controlla nella tasca dei Jeans, tira fuori lo stick anti-asma. Lo usa, dopo qualche secondo torna a respirare regolarmente.

Malesia: è divertente sai? Il figlio della creatura più temibile dell’universo che soffre d’asma. Una malattia così umana, così.. stupida.

Tim deglutisce, cercando di riprendersi completamente.

Malesia: non sembri così stupito di trovarti qui. Come se stessi aspettando questo giorno in qualche modo.

Tim: mi avevano avvertito che sarebbero venuti a prendermi prima o poi.

Malesia sorride, non troppo, ma lo fa.

Malesia: peccato che non siamo loro.

Tim la guarda, confuso. Si alza da quella specie di strano lettino.

Tim: cosa?

Malesia: non siamo della tua razza.

Tim: chi siete allora?

Malesia: siamo il nemico. O meglio, voi ci considerate il nemico. Ci sono i due lati della storia, Tim. Insomma, non c’è mai stato un pazzo che ha deciso di sterminare metà della nostra popolazione per le sue credenze, se è questo che intendi.

Tim la guarda, confuso. Di una cosa è sicuro: non è dove dovrebbe trovarsi.

Malesia: vedi Tim, tu sei qui perché noi vogliamo tuo padre. Ma è difficile da trovare, e inoltre difficile da.. com’è che si dice qui? Ricattare. Non è come gli altri, non gli è mai importato veramente di qualcosa. Ci serviva una merce di scambio, e tu sei l’unica cosa che potrebbe funzionare.

Tim la guarda, facendo cenno di no con il capo

Tim: mio padre neanche mi conosce. Non sa chi sono, probabilmente non sa neanche che esisto.

Malesia: oh, lo sa. Ci siamo assicurati che fosse così. Vedi, in realtà tuo padre dovrebbe detestarti, sei tutto ciò che lui odia. Un’impurità, un abominio. Per farti un esempio che potresti riconoscere, è come se il vostro Adolf Hitler avesse avuto un figlio ebreo.

Tim non riesce a capire

Tim: volete usarmi come scambio? Mio padre al posto mio?

Malesia: afferri in fretta, Tim.

Tim: non collaborerò mai!

Malesia lo guarda, sospirando

Malesia: sì, l’avevo previsto.

Malesia guarda una parte della sala. Quella stessa parte si illumina, a comando. Proprio lì, c’è Amy, legata, ad una specie di grosso palo nero. Una maschera per respirare sulla faccia, gli occhi impauriti.

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Tim la guarda, un colpo al cuore.

Tim: no, no no.

Tim prova ad avanzare verso la donna.

Malesia: no!

Tim si blocca, improvvisamente, non riesce a muoversi.

Tim: non la devi toccare.

Tim guarda Amy, è tutta colpa sua, sente che è tutta colpa sua.

Tim: Amy..

Malese: non la toccherò Tim, devi solo fare ciò che ti dico.

Brian è appena arrivato a Camp Eye, al famoso fienile rosso. Se quel fienile potesse parlare, avrebbe così tante storie da raccontare.

Brian entra, lentamente.

Brian: hey..

L’eco della sua parola si sparge per il fienile.

Nick: sono qui.

Nick si fa avanti nell’oscurità del posto. I due si guardano. Brian è nervoso, scosso, ma pronto a sapere la verità, tutta la verità.

Nick: come sta Steve?

Brian: sta bene.

Nick: siete riusciti a dargli il sangue?

Brian: sì, il nonno..

Nick lo guarda, un sorriso accennato

Brian: tuo padre, gli ha dato il suo sangue.

Nick: qualcuno sa che sei qui?

Brian: no. Ho mentito.

Nick: bene.

Brian: non va bene. Io non sono così.

Nick: è stata una bugia a fin di bene, figliolo.

Brian lo guarda, gli occhi lucidi, fa cenno di no con il capo

Brian: tu non puoi chiamarmi così. Io pensavo che tu fossi morto. Io pensavo..

Nick: lo so, lo so, Brian, e lo capisco.

Brian: no, non lo capisci. Cosa direbbe Lucas? Cosa..?

Nick: Lucas lo sa.

Brian lo guarda, perplesso

Brian: cosa?

Nick: Lucas sa tutto.

Brian: no, non ti credo.

Nick: è così. L’ho aiutato. Quando è scomparso, è stato con me.

Brian: cosa? Non ha senso, lui.. me l’avrebbe detto.

Nick: gli ho chiesto di non farlo.

Brian: perché?

Nick: perché io non mi fido di Lorz. E sapevo che sarebbe arrivato.

Brian: neanche noi ci fidiamo di Lorz.

Nick: Brian, devi ascoltarmi attentamente. Devi aprire la mente, e ascoltare le parole che ti dico.

Brian lo guarda, confuso, sempre più confuso.

Nick: Lucy è la chiave.

Brian: la chiave?

Nick: è l’unico modo per vincere questa guerra.

Brian: non capisco. Che cosa vuoi dire?

Nick: lei è diversa, Brian. È speciale.

Brian lo guarda, facendo cenno di no con il capo, di nuovo, negando.

Brian: non puoi venire qui, citare Buffy e fare il misterioso. Come pensi che io possa crederti?

Nick: cos’è Buffy?

Brian: cosa c’entra Lucy in tutto questo? Di che guerra parli?

Nick: qualcuno sta arrivando, Brian. E questo lo sai anche tu. Sono già qui alcuni. E sono pronti. Loro sono ovunque. Nessuno può fermarli, l’unica speranza è Lucy, lei è diversa, lei è speciale.

Brian: continui a ripeterlo, continui a dirlo ma.. so solo che John le ha fatto qualcosa.

Nick: è più di questo.

Brian lo guarda, troppe informazioni tutte insieme, troppe.

Brian: che cosa vuoi dire?

Nick: lei è nata lassù.

Brian sgrana gli occhi, incredulo

Brian: cosa?

Nick: è diversa da una semplice impura, o da un’umana con dei poteri alieni causati dal DNA, perché lei è nata lassù. Sul nostro pianeta. È nata in un’ambiente che le ha permesso di prendere il meglio di noi, e di coltivarlo qui, sulla terra. Lucy, in questo momento, potrebbe essere la creatura più potente dell’universo, e lei neanche lo sa. Ma c’è di più. Siediti, voglio dirti tutto.

Casa Brentan, Emily guarda il notiziario sul divano.

“Un aereo della compagnia Oceanic è precipitato un’ora fa in un campo deserto, non troppo distante da Phoenix in Arizona. Sembra non esserci nessun superstite, ma le ricerche continuano. Non è la prima volta che l’Oceanic si trova ad affrontare un disastro aereo, nel 2004..”

Emily: wow, questa compagnia dovrebbe davvero chiudere i battenti.

Emily sente che la porta di casa Brentan si apre. Corre verso l’ingresso principale. Lucy e Lucas sono appena arrivati a casa.

Emily: hey, oh mio Dio.

Emily corre verso Lucas, abbracciandolo fortemente. Il ragazzo ricambia l’abbraccio.

Emily: stai bene?

Lucas guarda la ragazza, annuendo.

Emily guarda Lucy, arrabbiata

Emily: dovrebbero metterti uno di quei grossi campanellini per cani. Così quando ti allontani, ti sento.

Lucy: mi dispiace Emily, dovevo..

Emily: sì, dovevi fare l’eroina. Wonder Lucy.

Lucy: mi dispiace, davvero.

Emily: ti perdono solo perché hai riportato il mio ragazzo a casa, sano e salvo.

Lucas la guarda, sorridendole.

Emily: ora devo scappare però, mio padre è in procinto di uccidermi. Ha sentito che è successo qualcosa al liceo di Hope, e mi vuole subito a casa. Se arriva l’apocalisse, fatemi un bip. Sì, ho citato Buffy!

Lucas e Lucy la guardano, annuendo.

Colonna Sonora: Mothership Arrival

Tim è ancora al centro di quella inumana sala, sta pensando, sta cercando di pensare, anche se è troppo difficile in questo momento. Guarda Amy, con quella maschera per respirare, con gli occhi gonfi, con la paura di morire, con la consapevolezza che è colpa sua se la donna che ama si trova lì in questo momento.

Malesia: allora, possiamo arrivare ad una soluzione, Tim?

Tim guarda la donna, arrabbiato, incattivito.

Tim: che cosa devo fare?

Malesia: oh, sapevo che avresti scelto l’amore e non la famiglia. Voi mezzi umani siete così prevedibili.

Tim: cosa farete a mio padre?

Malesia: niente che lui non si meriti. Fidati.

Malesia si avvicina all’uomo, contenta di essere riuscita ad arrivare a patti.

Tim: ora lasciala andare. Riportarla giù, ritorna sulla terra.

Malesia lo guarda, facendo cenno di no con la testa

Malesia: oh, tesoro. Di cosa parli?

Tim la guarda, confuso

Malesia: noi siamo già sulla terra.

Tim è perplesso, non riesce a capire.

Malesia guarda in avanti. Improvvisamente, la parete nera davanti a loro inizia lentamente ad alzarsi, un po’ per volta, parte per parte. Asticella per asticella. Fino a rivelare le luci, fino a rivelare la vita, fino a rivelare la città. È una grossa vetrata, e il panorama è New York City. L’astronave si trova esattamente sopra New York City.

Tim: oh mio Dio.

Malesia: siamo già qui. Loro, semplicemente, non ci possono vedere.

Tim: cosa volete fare?

Malesia: questo non ti riguarda. Ma visto che ci siamo..

Casa Brentan, Lucy è nella sua stanza, stanca, tutti i muscoli le fanno male, è stata una giornata incredibile, piena, orribile da una parte. Una delle giornate più lunghe della sua vita. Guarda il letto, vorrebbe semplicemente andarci e riuscire a dormire, così. Ma sa che non ci riuscirebbe, è successo troppo. Guarda la sveglia, sono le quattro di notte ormai. Era da tempo che non restava sveglia così a lungo, da quando Lucas era scomparso.

Lucas: hey.

Lucy si gira, sorpresa. Lucas è alla porta, ha bussato prima di parlare, ma Lucy era troppo presa dai suoi pensieri.

Lucy: hey..

Lucas: ehm..

Lucas sembra imbarazzato, uno sguardo che è raro vedere sul suo volto

Lucas: volevo scusarmi per prima. Non ce l’avevo con te. Volevo..

Lucy lo guarda

Lucy: non lasciare le frasi sempre a metà. Cosa volevi?

Lucas: volevo che non ti facessi del male.

Lucy: so badare a me stessa.

Lucas la guarda, annuendo

Lucas: lo so. Ma io..

Lucas tentenna, non riesce mai a parlare chiaramente con lei. È un qualcosa che infastidisce molto Lucy.

Lucas: ma io volevo proteggerti.

Lucy lo guarda, sorridendo, Lucas è così. Fa qualcosa che ti fa arrabbiare, ed è capace di farsi perdonare con una parola, con uno sguardo, semplicemente guardandoti con quegli occhioni azzurri.

Lucas si fa avanti nella stanza, guardandola

Lucy: sei strano, sai?

Lucas: ah sì?

Lucy: non hai paura di affrontare un super-alieno, ma hai paura di parlare di quello che provi.

Ed eccola lì, la verità, nuda e cruda. Lucy non ce la fa più a far finta che non sia così.

Lucas sospira, nervoso

Lucas: io..

I due si guardano, sono come due calamite che hanno bisogno di congiungersi per riuscire a sopravvivere, o almeno quella è la sensazione che scorre tra i loro sguardi.

Lucy si avvicina, si avvicina pericolosamente. I due sono uno davanti all’altra, tanto da riuscire a sentirsi i respiri.

Lucy: tu cosa?

C’è tutto lì, c’è la voglia di baciarsi, di appartenersi, di fare l’amore, proprio ora.

Lucas: non ce la faccio più. Non ce la faccio più a fingere.

Lucy gli guarda le labbra

Lucy: a fingere cosa?

Colonna Sonora: Here With Me

Lucas non ce la fa più, non regge più. Non potrebbe. È qualcosa che va al di là delle sue capacità di trattenersi. Come una bomba che esplode, dopo essere stata in carica per troppo tempo. Lucas prende Lucy, la porta a se, con forza. La ragazza non esita un momento, non si tira indietro neanche per un momento. Lo vuole come e più di lui. I due si baciano. Lucy si lascia completamente andare tra le braccia del ragazzo, mettendo le mani sui suoi pettorali, mentre Lucas la tiene in vita, baciandola con passione, tenendola stretta, facendola sua. Quando le loro labbra sono lontane, sentono la mancanza l’uno dell’altra, è come se non potessero respirare se non si baciano. Si baciano, continuano a baciarsi, quasi per recuperare il tempo perduto, ogni volta che loro lingue si toccano, dei brividi percorrono la schiena di entrambi.

Lucy inizia a sbottonare lentamente la camicia di Lucas, per poi toglierla, mentre continua a baciarlo.

Dei flash iniziano ad arrivare, pioggia, c’è tanta pioggia.

Lucy si mette seduta sul letto, bacia il ventre di Lucas, lentamente, Lucas adora ciò che sta facendo. Dopo qualche secondo, sente di dover ricambiare. Lucas strappa con forza il maglioncino di Lucy, la ragazza resta in reggiseno, Lucas si pone sopra di lei, iniziando a baciarla sul collo, toccandola ovunque, Lucy accompagna la mano del ragazzo, assicurandolo che quella è tutta roba sua e di nessun altro.

E ancora altri flash, la pioggia, la macchina, la morte, il viso di Lucas, e poi la vita. Lucy sta ricordando, Lucy sta ricordando tutto.

La ragazza prende il viso di Lucas tra le mani, allontanandolo dal suo seno.

Lucy: mi hai salvata. Eri tu.

Lucas la guarda, senza dire una parola. Lucy, in fretta, si sbottona i jeans. Vuole fare l’amore con lui, e vuole farlo adesso. Subito dopo, con foga, procede a sbottonare i pantaloni di lui, mentre lui continua a guardarla, innamorato.

I due si guardano, lei sotto, lui ancora seduto. Lucas inizia a sdraiarsi su di lei, togliendosi i boxer, e poi procedendo a toglierle le mutandine.

I due si guardano di nuovo, negli occhi, per qualche secondo, poi si prendono per mano, mentre iniziano a fare l’amore, ad appartenersi. Lucy riesce ancora a percepire la pioggia del ricordo, sembra che stia piovendo in quella stessa stanza. I due fanno l’amore, ed è qualcosa che ha un significato più profondo di qualsiasi atto sessuale. Loro si sentono, si ascoltano, si percepiscono. Sono uniti, collegati, connessi. Continuano a guardarsi negli occhi, mentre Lucy stringe Lucas, che è dentro di lei. I due godono, gemono, e amano, insieme.

Casa Brentan. Mattina presto. Lucy si è appena svegliata. Guarda la sveglia. Sono le 9.00, accanto a lei c’è Lucas, dorme ancora. Lucy lo guarda, si avvicina, lentamente, dandogli un bacio sulla guancia. Si alza.

Arrivata in cucina, ormai vestita, Lucy si guarda attorno, curiosa, nessuno è ancora tornato a casa. N on riesce a credere a ciò che è successo poche ora fa. Ha fatto l’amore con Lucas. Non si è pentita, sa solo che tutto ciò porterà gravi danni.

Va verso il frigo, pronta a prendere qualcosa da bere per lei e Lucas.

“Buongiorno, amore.”

Lucy sobbalza, riconosce quella voce. Lorz è proprio dietro di lei. Una siringa sul collo, Lucy perde i sensi in fretta.

Colonna Sonora: Bad Reputation

“I don’t give a damn about my bad reputation.”

Qualche ora dopo, Lucy apre gli occhi, ancora intontita, ancora stordita. La musica alta alla radio, la testa pesante.

“But I don’t give a damn about my bad reputation. No no no no, not me me me me me.”

Lucy riesce ad alzarsi, finalmente. Si rende conto di essere in un auto, una decapottabile, nel sedile posteriore. Alla guida c’è Lorz.

L’uomo si gira, notandola, mentre continua a guidare per una strada deserta, con la musica a palla e degli occhiali da sole.

Lucy: dove siamo?

Lorz: buongiorno splendore. Rise and shine!

Lucy: dove stiamo andando?

Lorz: oh, è un posto che ti piacerà!

Lucy: devi riportarmi indietro.

Lorz la guarda, facendo cenno di no con il capo

Lorz: oh no, Lucy, devi salvare il mondo!

Lucy lo guarda, sconvolta.

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